. cr.Scappa
LOPtZ UE VECA
LOPEZ DE VEGA
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MELODBAMMA J
IN DUE ATTI ^
DA JIAFTRESENTARSI J
DA UNA SOCIETÀ' DI DILETTANTI ^
FILO-DRAMMATICI t
S N r.i I L A N o
Nel Carnoi/ais del
NEL
TEATRO DEGLI ACCADEMICI
Poesia c5ef Si^- Saitatta €Ìutoiiu
oltusica 'àd c%. «Scappa GiiUcppo
^ .. — — — • --—
" ' ^^^«^ ^
M I L A N 0
Dalia Tipografia di Giàcoiio PirvOi.A
dicontro al R, Teatro alla Scala.
UNC-CHAPEL NU.
Ijopez de Ve^a chiamato anche Lop Felice
de Vega Carpio nacque nel i562 a Madrid Ca^
pitale della Spagna. Egli fu autore di mille ot-
tocento poetici componimenti di vario genere ^ p^
quali acquistò distinta fama fra i migliori poeti
di quella Nazione. Quest' istancahile Scrittore di-
morò per qualche tempo alla Corte del Duca
d'Alba Ferdinando Ali^arez Principe notissimo per
diverse imprese militari.
C) ^<''gg^^ Dicfionaìre istorique eàlz. di Parigi del i^Sq,
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in 2015
https://archive.org/details/lopezdevegamelod424zana
PERSONAGGI
3
D. Fernando Alvarez , Duca d' Alba-
Sig. Zucoli Luigi.
La Baronessa Isabella, promessa sposa del Duca,*
Signora Pasta Giuditta.
Donna Isabella 5 moglie di D. Ricardo.
Signora F^igo Carlotta,
La Contessa Isabella.
Si(jnora Rubini Serafina.
D. RicARDO 5 Ministro del Duca.
Sig. Pagani Carlo.
Lopez de Vega Carpio, Poeta del Duca.
Sig. Pasta Giuseppe.
Il Cavaliere D. Florenzio , membro dell'Acca-
demia di Castiglia , gran critico 5 e nemico di
Lopez.
Sig. Conte Cavalli Gerolamo.
Il Cavaliere D. Domizio , inviato dalP Università
di Toledo,
Sig. Punzoni Francesca.
Ufficiale ") , ,
j- C che non parlano,
(juardie ) ^
La scena si finge ad Alba
nel Palazzo del Duca.
6
Compositore della Musica^
Direttore y e Maestro al Cembalo
Sig. Giuseppe Scappa, Milanese.
I Signori formanti P Orchestra sono tutti Dilettanl
Capo d'Orchestra
Sig. Pietro Visconti.
Suggeritore
Sig. Antonio Piacentini.
SCENE.
Camera di Lopez nel Palazzo del Duc?K
Sala Ducale.
Atrio nel Palazzo suddetto.
Prigione.
Le suddette Scene sono disegnate e dipinte
dal Sig. Gaspahe Galleari,
Accademico.
7
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA.
Camera di Lopez de Vega Carpio.
Lopez de Vega seduto al tavolino di stiidio^^
e Don Ricardo all'uscio d'ingresso inatto diesplorare
Lop. Nel povero mio core
Combatton gloria e amore 5
Agli avversari miei
Rispondere vorrei . . .
Vorrei le lodi tessere
Di lei che m' arde il cor :
Che mai risolvo?... ah facciasi
Ciò che mi detta amor. (ji parie a
Ric. Oh Dei! che intesi.^ Amore scrivere)
Al V^ega acceso ha il core ?
Ma qual sarà F oggetto
Che il tich 5 e tac uel petto
Provar cosi gli fa ?
Oh sorte almeii concedimi
Scoprir tal novità
QDe Vega legge il seguente Madrigale)
Quando fìa mai che al seno
,5 Verrai del fido Osmeno
„ Bellissima IsaÌ3ella?
55 Tal Osmeno cantava , e dal suo speco
Il caro nome ripeteva 1' Eco«
ATTO
Isabella ei dunque adora 5
Saria mai la mia Signora?
Io do tregua alle mie pene (^fra se)
Quando scrivo del mio bene...
Del mio ben? l'affare è serio ,
Di chi parla vo' saper.
Vate addio... QP ìnnoltra^
M' inchino a lei
Dite dite . . .
I versi miei
Permettete ch'io corregga.
Ah lasciate che li vegga . . .
Or non posso perdonatemi.
Via lasciatemi veder.
Salvami , o Ciel pietoso
Da questo curioso
Che sol sembra felice
Quando mi può seccar.
Un quadro con cornice
Non voglio diventar.
Or che il veleno ho in core .
Comporre non potrei ^
Che fiiccio ? i passi miei
Altrove io volgerò ^
Da questo seccatore
Cosi mi salverò.
Cercar poss' io quel foglio
Or che il poeta è astratto ,
Eccolo; il colpo ò fatto
. - Il Madrigale è qua.
(porta vìa il Madrigale senza
che Lopez si accorga)
Con voi De Vega io voglio...
La flemma mia sen va.
PRIMO. 9
Non v' è pena nè tormento ^ (f'^ci se)
Che s'eguagli a quel die sento
Quando vien gli studi miei
Questa bestia a disturbar.
Son felice son contento (J/'a se)
Or che meco ho il documento,
E i bramosi sguardi miei
Corro tosto ad appagar. (Lopez parte ^
e D. Ric. s'incontra colle 3 Isab.)
SCENA II.
La Baronessd Isabella , la quale ha fra le mani
la Gerusalemme conquistata (*') la Contessa Isa-
bella ^ Donna Isabella ^ e D. Ricardo.
Ric. C^ual incontro felice ! A voi 5 Signore 5
Devoto umil m' inchino ,
È il propizio destino
Che vi conduce qui . . . d' un Madrigale
Che annuncia del De Vega
L' amorosa passione 5
10 bramo aver da voi la spiegazione.
Xa^.Come ! De Vega è amante ?
T). I. Lopez innamorato ?
ZaCSensibile all' amore
Queir alma austera ?
Ric. Appunto 5 o mie Signore,
LaB^ qual' è del suo affetto
11 fortunato oggetto ?
/>./. Parlate.
LaB.Cì volete
Tener sospese ancora?
LaCYi chi è dunque?
Ric. Ella chiamasi Isabella.
(*) Fra le i8oo composizioni poetiche di Lopez^evvi un poema
intitolato la Gerusalemme conquistata, 1*
IO ATTO
Z<26'.CurioSci !
LaB. Voi scherzale.
D.I. ^ Spiritoso
E nelle sue sortile il mio consorte.
Rie, Ebben se nou credete,
Voi stesse il Madrigal legger potete (consegna
il Madrigale alla Baronessa che lo legge
unitamente alle altre due)
Ora che letto avete il Madrigale
Vorrei saper chi sia
Quella bella Signora
Che il nostro Vega adora.
LaB.Qhi il può 5 Signore , indovinar ? soii molte
Le donne cui tal nome il caso diè ^
E diffatti una prova in noi ne avete
Poiché siamo Isabelle tutte tré.
Ric. E fra voi tre si trova appunto quella
Che al Poeta scaldò la fantasia ,
Né voi certo ignorate chi ella sia.
Via penar non mi fate ...
D. I. Io noi so certo.
LaC.lo meno ancora.
Ric. Vi saluto adunque (riprende il
E in altra parte spero Madrigale)
Ritrovar chi mi spieghi un tal mistero. (j>arte)
S G E N A IIL
Le tre Isabelle.
[LaC, Ool fu Lopez dedicalo
Alle muse , e innamorato
Chi il poteva mai suppor ?
D.I. Chi di noi creduto avria
Che la sua malinconia
Fosse figlia dell' amor ?
PRIMO. II
XaB. Ma il felice e vago oggetto
Che al De Vega accese il petto
Sommi Dei! Chi mai sarà?
A tre 5 ciascuna fra se.
Speranza lusinghiera
Che tutto il cor m' innondi ,
Per poco ancor t' ascondi ,
Resta celata in sen ^
Se vano è il mio desire
IVon vo' arrossire-alinen,
SCENA IV.
// Cavaliere Florenzio e le suddette,
Ca\f. Son servo a loro 5 e ossequìole»
LaB. Chi è mai
Questa caricatura? {piano alle altre due)
LaC, È un Cavaliere
Che spacciando si va gran letterato
Da pochi giorni è in Corte, e par che il Duca
Lo tratti in amistà. {come sopra)
Cav. Che mai borbottano
Codeste civettucole fra loro ?
Forse di me favellano ? (/^^
D. I. Costui
L il più severo critico^ e di Lopez
Acerrimo nemico.
LaB. A tempo ei viene.
Cai^.Che fate esimie Dame unite a crocchio?
Zrti^.Leggiam del Vega i carmi.
Caf^. {prende il libro dalla Bar.") A colpo d' occhio
Troverete a biseffe gagliofagini 5
Idee s curili , e termini ,
Che muover fan aelF umbillico i veraiini.
12 ATTO
Z^^.Oli die bestia I (^piano alle altre due')
LaC. (come' sopra) Soffrir davver noi posso.
/>./. Della ignoranza sua rider conviene. (c. s.)
Ctìt^. D'applicarsi in un punto a varj temi ^
Di schiccherar poemi ,
E commedie , e novelle a centinaja ,
Ebbe Lopez la smania.
Ma poi di tale insania
Ecco il frutto funesto 5
È di Lopez lo stil sempre indigesto.
{rende il libro alla Bar,)
Zai?.Chi può frenarsi ? non v' ha cosa al mondo
Più indigesta, o Signor, del parlar vostro.
Z«r\Sappiale ancora, o Cavalier garbato.
Che il De Vega bellissimo troviamo.
D./.E che un genio immortai lo reputiamo.
Cav. Quando di lai materie
Ardite di decidere
A crepa pancia ridere
Ci fate in verità.
Le scienze sono serie
E il serio a voi non fa.
Voi nate alle facezie
Solo parlar dovete
Di quelle tali inezie
In cui si esperte siete 5
Quai vesti or più s'ammirino^
Qual stoffa è più adattabile 5
Quai figurini girino 5
Chi sia più destro ed abile "
Di tutti i parrucchieri -,
Chi mai fra i Romanzieri
Abbia follie più tenere 5
Conciossiacosacchè
In cose di tal genere
Sublimi il ciel vi fe'. ^partono)
PRIMO.
i3
SCENA V.
Lopez de Vega^ indi Don Domizio.
Lop. Vjbe fai De Vega ? gli amorosi affanni
All'altre tue sventure aggiunger vuoi?
Ma chi resiste al Dio d'amor, se Giove
Giove stesso non sfugge a' colpi suoi ?
E temere da lui che mai poss' io ?.. .
Cosi dal nascer mio
La sorte ebbi funesta
Che nulla a paventar più omai mi resta.
Tutta r ira degli Dei
Il mio cor provò fìnor.
Ah ! volesse a' mali miei
Dare almen conforto amor.
Se il caro oggetto
Non m' è tiranno ,
Ogni mio affanno
Scordar potrò.
Ma amor propizio
Sperar non so.
(in atto di partire s* incontra con D. Dom.)
Chi mai veggo ? . . . oh Don Domizio . . ,
Dom, Vieni amico a questo petto,
Lop. Dom. Fra tue braccia qual diletto
Amistà mi fa provar.
Lop, E qual mai Nume propizio
Or ti guida?...
Vom. ' A te m' invia
Qui Toledo 5 che desia
Il tuo crin del serto ornar.
Lop» L' alto onor del sacro alloro
E' per me si lusinghiero ,
Che P acquisto d' un impero
Fia men grato a questo cor.
i4 ATTO
Ma la barbara mia sorte
Mi rapisce un tanto onor,
Dom, Cieì che mai?,..
Lop. Delle mie pene
La cagion deh! non cercar.
Dom, Ti desia 1' Ispana Atene
Lop. Qui m' è forza oh Dio restar.
Come esposta a vario vento
Face s' agita talor ,
Tal fra mille affetti io sento
Ondeggiante in seno il cor.
Dom. Che vuol dir quel turbamento
Che mai deggio oh Dio suppor ?
(Lopez conduce Domizio nelle altre sue camere^
SCENA VI.
La Contessa Isabella ^ e la Baronessa Isabella.
LaC. Oh! il Poeta non v' è : delusa « o amica «
Ecco la nostra speme ^
Or da chi rilevar potrem V arcano ,
Che tanta in cor curiosità ci desta ?
LaB.Qveàìlo ^ manifesta
Sarà la cosa in breve , e come mai
Star occulta potria ^
Se saperla ogni donna ornai desia ?
Ma tu ben hai ragione ,
Se sei d' ogni altra ancor più curiosa ,
Poiché se il gran Poeta
Distingue il vero merto ,
Il pomo d' oro tocca a te per certo.
Quel bel volto , que' vezzi , quel brio ^
Quelle grazie che ispirano amor 5
li novello amoroso desio
A Dtì Yega hanno acceso nel cor.
PRIMO. i5
LaC. Se prescelta è fra noi la più 'bella 5
Chi la palma rapire ti può ?
LaB. Cara amica ^ il vedrai , tu sei queìla ,
Clie la face in quel seno destò.
LaC. Famosa e celebre
Diventerai.
LaB. De' tardi posteri
L' omaggio avrai.
a 2 Tu che al gran Genio
Festi sentir
D' amore i teneri
Dolci desir.
LuC. Ma lasciam gli scherzi a parte,
Buone amiche esser dobbiamo.
LaB. Ti dimostri quanto io l* amo
Questo amplesso d'amistà, {l'abbraccia)
a 2 Ah ! dov' è mai chi dice
Che amor, sol fa felice ?
Che gioje inesprimibili
Ei sol ci desta in cor ?
Veri gustar piaceri
Fa V amistade ancor. (partono )
SCENA VII.
Do 71 Domizio
Z)<?w.]N[umi che mai sarà? qual crudo affanno
Turba il cor dell' amico ? immerso eì giace
In si profondo duol 5 ch'ogni mio detto 3
Ogni consiglio mio vano or saria.
Calmar si lasci in pria
La funesta procella , indi con arte
Tenterò nel suo core
La sopita eccitar brama d' ouore.
i6 ATTO
Oh di gloria possente desfo
Che De Vega già tanto accendesti ,
Si ridesti -il tuo ardore in quel cor.
Dal funesto letargico obblio
Si risvegli il sublime Cantor.
(va per rientrare nelle altre camere di Lopez.)
SCENA Vili.
Don Ricardo e dcttq.
Ric. Chi è mai quel Foraslier? da me non visto
Come ha potuto giungere fin qui?
11 chiamerò psi psi ....
DomMì domanda il Signor ?
Ric. . Io solo bramo
Conoscerla 5 mi pare eh' eUa sia
Stranier.
Dom. Son di Toledo.
Ric. Di Toledo?
Che v' è colà di nuovo ?
Dom, Nulla.
Ric. E quale
Cagion la trasse ? . . .
Dom. Di veder De Vega
La brama.
Ric. E qui riman?
Dom. Che seccatore I (da se^
Parto in breve 5 e le son buon servitore. Qparte]
Ric. Grazie j obbligato ^ non ne so un bel nulla.
PRIMO. 17
SCENA IX.
// Cavaliere Don Florenzio ^ ed il suddetto^
indi la Contessa Isabella 5 e Donna Isabella,
Cazj.Cjhe mai saper vi frulla
Mio caro Don Ri cardo ?
Hic. Un Forastiero
Amico di De Vega \
Or or giunto è alla Corte.
Cav, ' Ebben?
Rie, Vorrei
Saper chi sia.
Cav. Conghietturare è facile
Ch' egli sarà qualch' altro miserabile
Assassin delle Muse.
Ric. Innoltre io bramo
Rilevar d'onde vien ^ se parte o resta ,
Da De Vega cbe vuol ....
Cav, Se tali frivoli
Pettegolezzi amate
Rivolgetevi a lor. (^additandogli la ContessOr
e Donna Isabella che arrivano)
LaB. Come parlate?
Cav. Non offendetevi : in buona regola
Sono sinonimi donna ^ e pettegola ,
E chi desidera pettegolezzi ,
A voi volgendosi non può sbagliar^
LaC. Signor mio caro , siffatti accenti
I vostri scoprono scarsi talenti.
Fra donna e donna sempre si trova
Qualche non piccola diversità.
Ric. Via 5 care amiche , se in generale
Tutte le domie sono cicale ,
Perchè pretendere d' esser diverse
Da tutte 1' altre ? ciò non può star.
i8 ATTO
D.I. Di questa coppia cosi compagna {additando
il Cau. e D. jRic. alla Contessa)
Potrem servircene alla campagna ,
Con egual basto , ed egual briglia :
Oh! qual pariglia -si potrà far.
Cav.Ric.k noi sommari? assai sbagliate
LaC.D.I.k noi cicale? rider ci fate
Cav. Io di Castiglia sono accademico....
Ric. Son uomo in carica
LaC.B.I. Ah. ..ah. ..ah. ..ah...
ÌVoi per far ridere siete portenti
E chi vi saperi in ciò non v' ha^
Ma in voi più ancora che i vostri accenti
Troviam ridicola la gravità.
Chi di rispondere non ha argomenti
Cerca cavarsela meglio che sa ,
E tra i più comodi espedienti
Di quel di ridere miglior non v' ha.
{partono la Contessa e Donna Isabella^
SCENA X.
// Cavaliere ^ e Don Ricardo.
Ric. Vjhe ve ne pare? che viperee lingue.
Dite 5 son cosi ancor le Castigliane?
Cav.lti tutto questo nostro orbe terracqueo
Celeri a cinguettar sono le femmine,
Ma r uom non uso a por la stoppia in aja
Bada lor men che a un can^ che a luna abbaja.
Ric. Tutto questo va ben, ma quando voglio
Qualche notizia aver nulla mi cale
Averla da qualunque sia canale.
Appunto per saper chi è il forastiere
Andrò dalla Duchessa. A quella vecchia
E' nota ogni minuzia, i desir miei
Bea ella farà paghi, andrò da lei. {parta
PRIMO.
19
S C E N A XI.
// Cas^aliere indi De Kega.
Ctì!^'.]\^a il poeta ov' è andato? ah forse Apolline
Iiividìaudo il suo divino merito
Di qua scacciollo a calci nel preterito.
Or di veder son cupido
Che mai vi sia di nuovo su quei tavolo.
Cielo ! qual zampa non s' intende un diavolo.
Lop. Vedete qual sventura (con ironìa)
Quale fatalità !
Legger la mia scrittura
Il Cavalicr non sa.
Or la lezion scentiflca
Come poss' io sperar?
Che la sua saggia critica
M' avria potuto dar?
Caf^. Risponderò laconico
Con tutta brevità
Diceste in ton sardonico
La pura verità.
A voi , cui solo cale
Quinterni schiccherar ,
A verseggiar men male
Potrei certo insegnar.
Lop. Eppur da Iberia tutta
Con plauso furo accolti
I carmi miei fìnor.
Cav, Poca è la gente istrutta ,
Molti gli sciocchi , e i molti
Son vostri ammirator*
Lop, Ma che potrà ripetere
II nostro Signor critico
Quando da me saprà ^
20 ATTO
Che r Apollineo serto
Toledo offerto - m' ha ?
Cav. No 5 non polea la satira
Con più sagace astuzia
A voi Toledo far.
Nuova ha l'Atene Ibera
Maniera - di burlar.
Lop. L' Ispana Atene d'Apollo il serto
Sol per deridermi dunque m' offri ?
Cav. Siatene certo : eli' è cosi.
Lop. Che mai risolvere?
Cav. Se in voi foss' io
Direi che i lauri cinger non vò.
Lop, Ed io 5 scusatemi ^ gli accetterò.
Vò veder se mi burla Toledo
Tutt' Iberia con me lo vedrà.
Cav. jAh di voi, se partite ^ prevedo
Quai risale T Iberia farà. (^partono)
SCENA XII.
Sala del Duca.
// Duca 5 e D. Ricardo
Mie. A-ltezza, Altezza, io vengo apportatore-
Di gran notizia.
Duca E qual? 3
Ric. S' è alfìn scoperto
Perchè sia sempre il Vega
Da tristezza turbato.
DucaOa.e mai F afilli gge ?
Ric. Oh Altezza è innamorato,
DucaMdi come lo sapete?
Ric. Da questo Madrigal che vi presento.
(gli porcfe il madrlgai
PRIMO. or
Duca Che veggo?... qual sospetto! (fra se)
Ah codesta Isabella
Certo è la Baronessa.
Rie, Sol mi spiace
Di non saper chi sia colei , che il Vate
Vuol qui nomar 5 ma non starò mai cheto
Finché a scoprir non giungo un tal segreto.
OucaLo scoprirò ben' io ,
Chiamatemi De Vega,
Ric. Corro subito , volo . . . ma di grazia
Vostr' Altezza non è di buon umore.
Cos' ha ? Si sente mal ? o sono forse
Della Duchessa madre
Le seccature usate ? . . .
Alfìn cos'ha? deh parli Altezza...
Ducfi. Andate.
(^parte Don Rìcardo)
S G E N A XIII.
// Duca.
jÀuh! mio rivai certo è De Vega... io tutto
Avvampo di furor ... sì rea mercede
Ottengon dunque i benefìzj miei?
In De Vega credei
Trovar V amico 5 e tale egli m' udia
Chiamarlo ognor... credei mentre di sposa
Serbo alla Baronessa il sommo onore 5
Destarle almeno grati sensi in core.
Mi tradiscono entrambi 5 oh rabbia!... ah forse
L' ira m' acceca ^ ed io m' inganno ... oh dura
^' Incertezza crudel... in vita mìa
Provato mai non ho pena più ria.
Amor colla sua face
P Tutto m' infiamma il petto ^
ATTO
E uu gelido sospetto
Il cor mi fa agghiacciar.
Del tartaro le furie
D' avere in sen mi par.
E quando , o Ciel benefico
Vorrai F antica calma
Air alma ridonar ? (parte
S G E N A XIV.
// Cavaliere.
Il Duca di me chiede... io posso cogliere i
La palla al balzo I Audiam... di Febo i lau
Al miserabil Vate uopo è contendere 5
E far eh' ottenga il critico squittinio
Assoluto poter 5 sovran dominio. (jÀ^rU
SCENA XV.
La Baronessa 5 indi Donna Isabella..
LaB. JL erchè crudel amor
Cosi mi turbi il cor?
Lasciami in pace.
Pel gran De Vega invano
Tu accendi questo sen 5
Se mi prepara Imen
Un' altra face.
D. 1. Amica ah! tu non sai
La novità funesta...
LaB. Oh Cieli tremar mi fai.
Parla . . ^ che mai sarà ?
D. I. È giunto da Toledo
Un certo forasliero
E il Lopez con lui credo
In breve partirà.
■
PRIMO.
Ma d' onde m il sapesti ?
Mei disse or la Ducliessa.
Vuoi più? veduto io stessa
Poe' anzi ho il forastier.
Dunque ci fia rapito
Il nostro unico vanto?
Toledo il Dio del canto
Godrà di posseder ?
Oh Dei possenti
Se è ver eh' ognora
Foste propizj
A chi v' adora 5
Se i voti ardenti
Dei nostri cor 5
Da voi pur merlano
Grazia e favor ^
ai
Deh ci serbate
L' ei^regio Vate
Onore e gloria
Di nostra età.
Ed a Toledo
Basii esser celebre
Per mille fasti ,
Ne involi a noi
L' astro che solo
. I raggi suoi
Sa c|uesto suolo
{Spargendo va.
ATTO
SCENA XVI.
La Contessa ^ e /e suddette.
LaC. ^1 iene il Duca , ed è con lui
L' Accademico ignorante ^
Quel soffistico pedante ,
Cli' osa il Vega criticar.
LaB. Di quegli asini è costui
Che a comporre affatto inetti
Sempre , e in tutto de' difetti-
Si dan vanto di trovar.
D. I. A De Vega nuocer certo
Non potran tali avversari.
LaB. Il ragghiare de' sommari
Fino al Ciel giunger non può.
a 3
Alla fin trionfa il merto
Ed il mondo sprezza e obbli'a
Quella vii trista genia
Che virtude ingiuriò.
SCENA XVII.
// Duca jj // Ca\>aliere 5 e le suddette.
€av. De Vega, o Principe,
Parlo sul serio ,
È un poetucolo
Senza criterio j
E ne' suoi carmi
Veder sol parmi
Error, goffaggini
tÈ assurdità.
PRIMO.
Duca Un pò di bile
In voi traspira.
LaB. Lividia vile
Lo move all' ira.
Le 3 Isab, ( E nel suo core
Il rio livore
Non sa reprimere
Frenar non sa.
Cav, I Siete in errore
Un tal scrittore
Non desta invidia
Ma fa pietà.
Duca \ Costei nel core (parlando fra se
Nuovo furore della Baronessa)
Novelle smanie
Provar mi fa,
SCENA XVIII.
[Don Ricardo , Don Domizio 5 De f^ega ^ e detti.
Ric. Elcco o Principe il Poeta (presentando
1 al Principe De J^ega ^ e D. Dom?^
E' un amico a lui diletto
Che a voi brama il suo rispetto
Ossequioso tributar,
^uca II suo nome?
^om. - Io son Domizio.
op. Prence è questi un Cavaliere 5
Del cui merito e sapere
Può Toledo altera andar.
lom. Tu arrossir mi fai De Vega . . ,
^uca Molto io stimo i gran talenti. (aDom?)
Le 3 Isab., De Vega 5 e Dom.
Ben diniostran tali accenti
La virtù del vostro cor. (al Ducà^
2>
:A ATTO
C u Tntìì passn'Ti per portenti
Qui g]j sciocclii^ e gP impostor. (frase)
Bic. Novellisti e non sapienti
10 vorrei d' intorno ognor. (fra sé]
Duca Quai terrìbili momenti
Sono questi pel mio cor. (fra se'i
Lop, Mio Prence un vostro cenno I
Innanzi a voi mi chiama.
In che poss' io?...
Duca Si brama
Un dubbio rischiarar.
Tutti tranne il Vega^ e Duca,
Stiam zitti ad ascoltar.
Duca Lopez , d* un Isabella (^porgendogli
Qui scritto il nome avete Madrigale
Chi dessa sia dovete
Or tosto palesar.
Lop. Le carte mie segrete
Qual vile osò involar ? (/''^
// Duca 5 e le tre Isabelle*
Ecco il fatai momento
11 cor mi balza in petto, {ciasc.fra st
Ric. ( Alfine del suo affetto
Dom^^ L'oggetto si saprà. {come soprc
Cav. Poeta maledetto
Ora parlar dovrà. {come sopri
Lop. Altezza 5 io son De Vega {riconsegna
Duca il Madrigal
E qui favella Osmeno ,
Chi sia che gli arda il seno
Dirvi egli sol potrà.
jRiC. Ecco appagata appieno (^m Jé
La mia curiosità.
PRIMO. ^7
A ine così rispondi ?
Cosi felloii tu tenti
Con tai burleschi accenti
Schernire il tuo Signor ?
Olà 5 costui s' arresti
Qual merla abbia la pena, {cdle Guardie}
Le tre Isabelle 5 e Dom.
Oh Ciel sì trista scena
Chi mai polca suppor ?
Del giubilo la pena
Tutto m' innonda il cor. C/^<^ )
Mi sento da ogni vena
Scender la bile al cor.
È un pazzo da catena
Merla di peggio ancor.
L'arresto olà eseguite (^alle Guardie che
s* innoltrano ed arrestano De f^ecja^j
Le tre Isabelle ^ e Dom,
Deh ! il cenno rivocate.
X<a vostra vendicate
Offesa dignità.
Come in un punto nate
Son tante novità.
Ecco infelice vate
Qual premio a te si dà.
Dom. 5 e le tre Isabr
Ah Prence . . .
Non odo.
Le tre Isab, ^ e Dom,
Perchè si severo ?
Davver me la godo.
(al Duca)
. (fra se )
ATTO PRIMO.
Svelate il mistero 5
Via dite... (^a De Vega)
Oh cimento
he tre Isah. e Dom.
Placatevi ... (^al Duca)
No.
Ragioni non sento,
Consiglj non vo'.
Tutti.
Mentre spìran chele chete
L' aure intorno in dì ridente ,
Sorge orribile , e repente
Fiero turbine talor.
Così avvien che nella calma
Di nostr' alma ira funesta ,
Tutt' a un tratto in sen ci desta
Il suo foco agitalor.
Fine deirjttto primo >
29
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Atrio m^l Palazzo del Duca.
Donna Isabella , e Don Ricardo.
Ric. C^ara moglie cos' hai? que' biechi sguardi
Che voglioa dir ? se hai qualche cosa paria
Son qui per compiacerti.
D. I. Si ti prendo in parola ^
Mi vuoi tu compiacer ? lasciami sola.
Vanne da me ti scosta ,
Lingua pericolosa ,
Sei proprio fatto apposta
Il mondo per turbar.
Ric^ Io resto senza fiato
Per lo stupore , o sposa ^
A questo inaspettato
Tuo strano favellar*
D, I. Credimi ho fin rossore
D' aver per mio consorte
Un noni cìie più antipatico
A tutti ognor si fa.
Ric. Che mai ti salta in core ?
L' idol son io di Corte ^
L' amore e la delizia
Di tutta la Città
D, I, Se alcun ciò non ti crede ,
De Vega farà fede...-
ATTO
Ric. De Vega? — ora capisco
Perchè qual basilisco
Avvampi di furor.
Jììc. t Ah! Doii Ricardo attento •^^)
\ Si tratta del tuo onor.
D. I. j Destar gli vo' il tormento (J/^a se")
( Di gelosia nel cor.
Ric. Le parlo schietto ,
Signora mia ^
Non mi diletto
Di poesia ,
Nè vo' che Apolline
Ora m' onori
Col farmi intessere
Sul cria gli allori ,
La testa libera
Vo' conservar.
/>. /. Se 5 come spero ,
11 Lopez m' ama ,
Pel mondo intero
andrà la fama ,
E tu che merito
Alcun non hai ,
Tu pure celebre
Diventerai ,
Perciò agli scrupoli
Non dei badar.
Ric. Così una moglie
Parla al suo sposo ^
Poter del Diavolo ?
j^. /, Io sol desidero
Farti famoso.
Ric. Famoso ? un cavolo 5
Per me non fa
Questa poetica
Celebrità.
SECONDO. 3i
Ah! vadano i poeti (^f^^ "^^5
Al diavolo al malanno
Son malti , e matte fauno
Le donne diventar.
D, I. I É ben che lo inquieti (fi'^ ^'^ )
Di gelosia r affanno 5
Forse così men danno
Farà cai suo ciarlar Qmrtoito)
S C E N A II.
Don Domìzio , indi la Contessa. ,
DoniJ^o 5 non fia ver che il mio diletto amico
Io qui abbandoni.... O voi {vedendo (pian-
gere la Contessa^
La cui beltà promette un. cor gentile ,
Meco v' unite ond' ottener dal Duca
Che a libertà sia Lopez ridonato.
ZaClNulla mi fia più grato
Di quest' impegno, e molta in core ho spene
Di riuscir ...» Ma il Prence ecco già viene.
SCENA IIL
n Duca ; indi Don Ricardo 5 e detti
P
LaC» X rence , che il mondo ammira
Per tante egregie do li 5
In voi si plachi F ira 5
Risorga la -pietà.
Dom. Placasi pur sovente
Giove alle preci , ai voti.
jRtc. Che vuole questa gente ? (/''^ se )
V è qualche novità.
ATTO
Duca Ditemi alfìu per voi
Che far poss'
Dom. L' amico ....
LaC. Il degno Vate ....
Ric. Veggo la conclusione (f''^
f Si vuole da prigione
\ Veder il Vate uscir.
LaC. \ Oh! Prence da pHÌ^one {al Duca)
e Dom. f Deh! il fate tosto us?ìr.
^Duca Troppo co' detti suoi
Offeso ha il mio decoro.
La C. Io per lui grazia imploro.
Ric. Chi sia colei ch^ egli ama
Scopra.
Dom. Toledo il chiama {al Duca)
Lasciatelo partir.
Duca In lui gli oltraggi miei
Io vendicar dovrei
Dovrei ma tutto obblio
E solo or mi rammento
5
era 1 amico mio.
Olà torni al momento {all' Ufficiale
De Vega in libertà di guardia)
Ric^ I Nulla s' egli esce , o Principe
1 Saper più si potrà.
La C. i Questo mio core , o Principe ,
e Dom, l Di più bramar non sa.
Duca Ma qual crudel sospetto
Di nuovo il cor m' investe
E m'empie di furor?
Barbara gelosia
Tu mi tornieiiti oguor.
SECONDO. 33
LaC.Dom. Oh] Prence al Ciel diletto
Sublime prova deste
Di generoso cor.
Il Ciel propizio sia
A desir vostri ognor.
Hic. Oh! Prence, io parlo schietto 5
Costringerlo dovreste
A dir chi gli arde il <^or»
Saperlo ognun desia ,
L' esige il vostro onor. (^paHonc^ )
S C E N A IV.
Prigione.
O Lopez De J^ega,
h me infelice I sulle dotte carte
Sparsi immensi sudori 5 e ben sovente
Da me lungi scacciai
Morfeo 5 eh' alle mie languide pupille
Il sonno offriva , e fra le Muse ancora
Me vigil rivedea la nuova Aurora.
E qual n' ebbi mercede ?
Tentò r invidia in cento guise e cento
La mia gloria oscurar 5 ed il mio onore;
Resistere ad amore
Non seppi \ e chi il potea ? ma tacqui , e in petto
Celai mia fiamma eppur eccomi in questo
De' rei tristo soggiorno .... or sfido il Fato
A rendermi, se il può, più sventurato.
Era talor ristoro
A' crudi miei tormenti
Vedere il mio tesoio ,
E udir que' cari accenti^
Ch' eran si grati al cor.
Ora m' è tolto , ahi misero F
Questo conforto ancor. 2*
34 ATTO
Ma chi può toglienni
Finch' avrò vita,
Ch' ognor scolpita
In questo sen
Serbi r immagine
Del caro ben ?
A tanto giungere
Mai non potrà
Del fato barbaro
La crudeltà.
SCENA V.
Don Domizio ^ e De Vega.
Don Domizio è introdotto dal Messo del Duca^
che accenna a De Vc(ja die è libero.
Lop.(^ua\e or s'ode rumor? chi mai fra queste
Infauste soglie i p^ssi innoltra ?
Dom. Oh amico!
Vieni libero sei....
Lop. Come?..
Dom. Del Prence
L' ira è calmata , e per recarti io primo
Il lieto annuncio , qui col Ducal Messo
A giunger m' affrettai
£/op. Oh raro egregio amico , e come mai
Poss*io del grato cor i sensi?..
Dom. Andiamo.
E se tu pure a me cosa diletta
Vuoi far 5 vieni a Toledo e il serto accetta.
(^pattano)
SECONDO.
SCENA VL
Atrio come alla Scena prima.
// Duca poi la Baronessa.
/>MCfijDa che a De Vega schiuse
Son del career le porte , i dubbj miei
Vanno crescendo ognor,, nè dal pensiero
Uscir mi può quel madrigal che in core
Il veleno mi sparse. A chi più fede
Poss' io prestar , se fin la Baronessa ,
Più non v'ha dubbio, mi tradisce anch'essa?
{yedendo la Baronessa)
Ecco r ingrata ... di De Vega forse
Ad invocar la libertà venite ?
Io già prevenni , o Baronessa , i voti
Del vostro cor.
LaB. E che?
Duca De Vega è sciolto.
LaB.Qnei fieri sguardi , quel turbato volto
Quel favellar , di mal represso sdegno
Indizj son troppo evidenti . . oggetto
Forse son' io dell'" ira vostra?
Duca Ed osi
Chiederlo?
LaB. In che mancai?
Z^wcalnterroga il tuo core e lo saprai.
Si quel core in cui dovea
Regnar solo il tuo Signore ,
Non negarlo , o donna rea ,
Per De Vega arde d' amor.
LaB. Se tradito ho il vostro affetto,
Se m' accende un altro ardore ,
Più fedel , più degno oggetto
Trovi 5 o Prence , il vostro cor.
M ATTO
Duca E scusarli neppur tenti?
Ah! il mio torto è ornai palese
LaB. Scender sdegna alle difese
Chi rimorsi in cor non ha.
Duca Deh favella . . .
ZuB. È vano.
Duca Senti . . .
LaB. Altro udir no vò. (per partirèy\
Duca T' arresta.
a 1 Qual martir , qual pena è questa
Il mio labbro dir non sa.
Duca Svelami ornai 1* arcano
Togli ogni dubbio mio 5
Ami De Vega?...
LaB. Un Dip
Mi par in lui veder ^
Ma chieder la mia mano
Deguossi il mio Signore ,
Ciò basta , a questo core
Non parla che il dover.
Duca Oh donna egregia , e rara
Scusa i trasporti miei
LaB, Dunque sou' io ?
Duca Tu sei
L' arbitra del mio cor.
a 2 §ol di gioja e di diletto
A noi sia ministro Amor
E non trovi mai ricetto
Gelosia ne' nostri cor.
S C E N A VII.
_ Donna Isabella.
Jl erchè nel sen mi sento
Il Q^m palpitar oltre V usate
partono^
SECONDO. 37
Or che De Vega è in libertà tornato?
L' amo forse ? . . . ah non oso
Me stessa interrogar... tradir potrei
Il mio Consorte?., ah no 5 forza ho bastante
Per soffocar nel petto
XJualuuque a miei dover contrario affetto.
Rammento che al mio sposo
Eterna fè giurai 5
E questo cor giammai
Di ie non mancherà.
■Que' sacri vincoli
Che Imene ha stretto
Novello affetto
IVon scioglierà ,
Fida quest'anima
Ognor sarà.
SCENA Vili.
Don Ricardo 5 e detta.
\ic, iPur ti ritrovo alfin ^ or non potrai
Dir cbe per mia cagione
11 Poeta ritrovisi prigioni.
). /. Ei fu sciolto lo so.
?fc. Non vorrei poi
Che quanto hai detto circa al madrigale...
Basta 5 tu mi comprendi.
!). /. Io scherzai teco
Ma in cor...
\ìc. Basta così , tranquillo appieno
Di tua fede son' io
Ma il Duca attende 5 cara moglie , addio.
(jpart&D.Rk.)
38
ATTO
S C E N A IX.
// Cavaliere y e la suddetta.
D.I.\J\i Signor Cavaliere
In byon punto giungete
Per aver parie nel commi piacere.
Cav. Spiegatevi.
D, I. Saprete
Che De Vega è già libero.
Cav. Corbezzole
' Che novità importante , io sono attonito
Di vedervi in freddure di tal genere
Cotanto inteiessata,
Del Poeta sembrate innamorata.
Dama di Corte , e moglie
D'un uomo diplomatico ,
Potreste un poetucolo
Guardar d'occhio simpatico?
Ciò disdirebbe affé.
Piuttosto 5 se un bracciere
Desiderate avere
Ecco ve r offro in me.
D. I. De Vega quanto il merta
Io stimo, e circa a lei,
La sua g^entile offerta
Di core accetterei ,
Ma un liev'^ ostacol v* ha.
A me per dirle il vero.
Ella non piace un zero
E mai non piacerà.
a 2
Cav, Addio conquista, addio (/''^
Miei teneri desir.
Che far? con lei mi voglio
Almeno divertir.
I
SECONDO. 39
Contenta appien son' io {.fra se )
È pago il mio desir.
Se il suo superbo orgoglio
Son giunta ad avvilir.
Per piacere a quei bei rai
Voglio farmi aneli' io poeta.
Voi poeta? oh temo assai
Che giungiate a questa meta.
Ma perchè?
Chi lutto critica
Per lo più nulla sa far.
A provar poi non v' è male
Che vi par?...
Cure gettate.
Vò comporre in madrigale
Come quel 5 col quale il Vate
Fè a tre donne il senno perdere.
Qual maniera di parlar?
Via non vada tanto in collera
Poiché rider mi farà.
Come mai , come si tollera
Si insolente asinità ? ( partono )
S C E N A X.
Camera di Lopez De Vega.
La Contessa.
o voglio esser la prima
De Vega a riveder ^ se a lui son cara ,
Se ei sospira per me , da sguardi suoi ^
Comprenderlo potrà questo mio core
Che iavaa si texita di celare amore.
4q atto
Come mai potrà nel petto
Star celato quell' affetto
Onde amor ci fa languir?
A scoprirlo talor bastano
Uno sguardo ed un sospir#
Oh De Vega , se la face
Per me senti in sen d' amor 3
Il tuo labbro invan lo tace
Saprò legger nel tuo cor,
SCENA XI.
Don Ricardo 5 indi De F^cga 5 Don Domizio y e detta
Mie. 0]
ihe fate qui soletta o Contessina
Non è ancora tornato
Il Poeta?
LaC. Tardar non potrà molto 5
Ma se un consiglio mio
D' accettar non sdegnate.
lìic. Che dir vorreste?
LaC. È ben che ve ne andiate
Hic. Perchè?
4jaC Si sa che foste voi cagione
Per cui n' andò prigione ,
E non è ben che la presenza vostra
Quest'istanti di gioja a lui funesti.
Ric. Sarà ver, ma però meglio è ch'io resti.
Lop. Oh. mio soggiorno io ti riveggo.
Dom. Amico
Se già libero sei
Più assai che al tuo Domizio il devi a lei
(^additandoci li la Contes
fiic. Dite 3 S43ffriste in carcere? (a Lop. che non g
Lop. De Vega da retta
Fiachò vivrà fia grato a questa Dama.
SECONDO. ^ 4i
f:^C(Qual freddezza! ali lo veggo egli non m'ama.)
Ric. Ma parlate anche meco . . . avrete fatto
Dei toei versi in prigione. Udiamli.
Lop. A vo> .
Signor non parlo.
Ric. Irato siete
Perchè al Prence portato ho il madrigale ,
10 non credea ^ vel giuro , di far male ,
Ho torto il so ^ ma so che un lungo sdegno
Nutrir non è vostr' uso
Via facciamo la pace.
top. Io non ricuso.
CaCDe Vega addio...
Lop. Si tosto mi lasciate?
LaCì^OD. è gran mal per voi.
Lop. Deh vi spiegate.
(la Contessa parte)
Ella sen fugge , avrei mancato forse ?
Ric. C'os' ha voglio saper ^ e vi prometto
D' informarmene tosto. (parte)
Oom.]A.o deciso 5 eseguir vo' il mio progetto.
( parte )
S CE N A X 1 1.
La Baronessa ^ e De Vega,
ta^.Di rivedervi libero , o De Vega
11 bramato piacer ni' è alfìa concesso.
Lop.Vii sua f£ivella al lusinghiero incanto (frase*)
Chi resister potrebbe ? il mio tumulto
Come poss' io celar ? a un punto stesso
Gelo , sudo , mi turbo , e mi confondo.
Parto? resto? che f o ? dove m'ascondo?
IZ)aJ?,Ma voi tacete? e mentre a voi raeiono
4« ATTO
Come mai potrà nel petto
Star celato quell' affetto
Onde amor ci ^fa, laiM^ro'.^
A ^ Oh Dio !
Restate per pietà ... se del mio coro
Vi fosser noti i sensi... io son... che dico
Un infelice io son.
LaB. Le vostre pene
Perchè mi nascondete ?
Aprasi omai quel cor.
Lop. Voi lo volete ?
Parlerò . . . sappiate ... in core
ia^.Proseguite ....
LfOp. In core ... oh Dei !
LaB.Fors' amor ?
Lop. De' mali miei
Si cagione è solo amor.
LciB.Ma chi mai nel vostro seno
Tal destò fiamma amorosa ?
Lop. Se il mio labbro dir non l'osa
Ve lo dica il mio rossor.
LaB. Ah De Vega I se sapeste ? . . .
Lop.F. che dirmi oh Dio vorreste ?
Xa-^.D' imeneo sacra promessa
Già mi leg I ... sposa io sono.
Lop.J)ì chi mai ?
LuB. Del Prence.
Lop. Ohimè !
Ma il mio duolo o Baronessa
Deh scusate , . . . sì pel Irono
Il Ciel nascere vi fe'.
Se del soglio allo splendore
Vi destinano gli Dei ,
Sono paghi i voti miei
E la parca inesorabile
Può mia vita omai troncar.
SECONDO. 4t
'«C(Qual freddezza! ah lo veggo egli non m'ama.)
ìic. Ma parlate anche meco . . . avrete fatto
Ti^K ;;;t>LrT Tìri^ione. Udiamli.
Deiì vivete 5 c t*^- .
Nel veder che l' implacau^*-- A ve
• jet J - ^ _.
Irà sua óàpplaln siiaar;
Oh ! virtù per cui si fanno
A noi cari i sagrifici^
Tu che insegni agli infelici
Ogni affanno - a sopportar ,
Fa che possa alfìn d' amore
Questo core -trionfar.
opy Dunque . . .
aB. Addio.
op. Deh ! v' arrestate.
aB. Oh ! De Vega il dover mio ,
Il mio onor ...
Ah basta.
^ Addio.
Deh gli sforzi secondate
Sommi Dei, di questo cor. (partono)
SCENA XIII.
D, Domizio 5 indi De Vega,
>07W.De Vega, dove sei? poc'anzi in questa
Stanza il lasciai ... De Vega.
op. Eccomi a te che brami?
>om.In quest'istante
Il Prence io vidi , e appena di Toledo
Gli fei noto il desir, che il tuo congedo
Ei ti concesse , or da te sol dipende
Il restar , il partir.
vop. Eccomi pronto
A seguirti.
44 ATTO
Dom. E fia ver ?
Lop, Di lei che adoro
Me lo impone Fonor, in un momento
Io son lesto a partir ^ sei tu contento ?
SCENA XIV.
// Cavaliere ^ Donna Isabella ^ indi D, Domizii
Cav. VJon questo lino tergere
Vorrei le amare lagrime
Delle tre Dame tenere,
Cui del novello Apolline
Dispiacerà il partir.
Quale' una , se non sbaglio
Qui ne dovria venir.
D. I. Pria che rapito il vate
Ci sia dal destin rio ,
Dell'amistà l'addio ;
Io bramo a lui di dar.
DJ, f Cile veggo I quel buon mobile
J Che mai qui venne a far?
Cav. ) Oh ! la fedel Penelope
[ La prima è a capitar.
Dom. M' inchino a questa Dama ,
E servo a lei mi dico, (al Cavaliere
Deggio chiamar P amico ?
D I. Ah ! no ...
Ca\^. Quando sen va? {parlanà
Doni. Or ora. gli di De p^egt
Cai). I rai tergetevi {a D. Isah
Forse ritornerà.
Dóm. A cinger la corona
Va Lopez a Toledo.
SECONDO. 4^
I. E fremere già vedo
Di rabbia il Signor critico.
Cui rode invidia il cor.
om. r Satirico insolente (ff^ )
\ Prendi che ben ti sta.
. /. ] È colpa a simil gente
\ Non dir la verità.
àv. l Di voi , di lui sol sente
; 1 Questo mio cor pietà.
SCENA ULTIMA,
Sala Ducale.
Tutti.
op. M io Prence io parto , ma nel core impressa
Sarammi ognor riconoscenza.
ìuca Ah taci. - X
U amico mio tu sei
Ed ognora De Vega esserlo dei. ' >
ic. Ah I prima di partir diteci almeno
Chi sia colei che in seno
V accese il cor.
op. Amai la Baronessa
Si F amai , ma il mìo ardor fu tosto estinto
Quando appresi che sacra al mio Signore
Era già la sua mano.
Uc. Ecco svelato alfine il grande arcano.
).I.lo già lo prevedea
'aC. Lo immaginai
la^.Non scorderò giammai ,
(Nè il Prence offender credo
Che voi m'amaste (a Lopez) a cinger la corona
Ite , e d' Iberia tutta
Paga rendasi ornai la giusta brama.
46 ATTO
O De Vega de' vostri sudon_,
Per cui va tutt' Iberia superba ^
Ricompensa sarau quegli allori
Che alla vostra virtude riserba
Di Toledo r eccelsa Città.
Ah nò 5 il poetico
Immortai serto
Mai non fu premio
A più gran merto 5
Nè mai per volgere
Di mille età
Più degna fronte
Coronerà.
Lop, A tali 5 e tanti encomj
Muto e confuso io resto.
// Duca y le tre Isabelle , e Doni.
Tributo al merto è questo
Omaggio alla virtù.
Ric. ) Ritornerete presto (a Lop^
O non tornate più?
Cav. I Dal sonno ornai mi desta
Non posso tacer più.
De' Numi cresce il numero
Con quest' apoteosi 5
fi tu dai luminosi
Tuoi seggi scendi Apolline
Or che il gran Dio De Vega
L' ardito volo spiega ,
Onde salir lassù.
Duca Cavalier quest' ironia
Sembra figlia del livore.
Ca^^ C Dell' Olimpo anzi fo onore
Al novello abitator.
Le 3 Isah.^ e Dom,
Solo regnan nel suo gore
Odio 5 invidia, astio e rancor.
luca
'op.
SECONDO. 4;
Vieni abbracciami. Lopez)
Ah ! mio Prence.
Le tre Isah.^ Domizìo e lìicardo.
Duca.^eLop
LaC.
DJ.
LaB.
Lop.
Oh qual scena commovente.
. Sarà impresso eternamente
Quest' istante nel mio cor.
Il vostro ton satirico (al Cav.)
Fra noi non fece effetto.
De Vega ora coronasi (come sopra)
De' critici a dispetto.
Ei formerà la gloria (come sopra)
L' onor di nostra età.
Cessate ve ne supplico . . . (alle 3 Isab.")
Tutti meno De V 5 e il Ca\^,
Son tinte verità.
Kic. Or r assemblea de' critici
Farà a Toledo guerra.
Dom, Toledo è tal eh' a un soffio
Tutti li caccia a terra.
Ca\f. San scriver gli accademici
E fan tremare.
Tatti meno il Cav. Ah . . . ah . . .
Il nostro signor critico
Rider davver ci fa.
Cav. r Che di criterio è priva
Toledo è omai provato
Da così strane scene 5
E udire i lieti evviva
Al Vate coronato
In tutte quelle arene
Degli asini mi par.
48 ATTO SECONDO,
Lop. ( Da questa amica riva
Vuol eh' io mi renda il Fato
Dei Tago sulle arene ,
Ma al Prence fin ch'io viva.
Ed a voi tutti grato
IVr udrà r Ispana Atene
Di lui 5 di voi parlar.
Tutti ^ eccetto il Cav. e Lop.
Del Tago sulla riva
Vi guidi amico fiito
D' Iberia onore e spene ,
E di festosi evviva
In dì sì avventurato
Tutta r Ispana Atene
Udrassi risonar.
Fine.